Depositata lo scorso 3 giugno, nel corso di una audizione in Commissione giustizia alla Camera, la proposta dell’Aiga rappresentata dal componente della Giunta nazionale Carlo Foglieni.
Per prima cosa viene sfatato un mito. L’Europa non vieta i minimi tariffari nelle professioni, chiede solo che siano ancorati a precise condizioni: “non discriminazione”, “necessità” e “proporzionalità”. Requisiti, spiega l’Aiga, soddisfatti dall’introduzione di un compenso minimo inderogabile per le prestazioni professionali rese dagli avvocati, ancorate ai parametri ministeriali stabiliti con decreto.
Andiamo per ordine, “l’introduzione di un compenso minimo inderogabile – afferma in Audizione in Commissione giustizia della Camera Carlo Foglieni componente della Giunta nazionale – non è direttamente o indirettamente discriminatorio in funzione della nazionalità, né per quanto riguarda le società, dell’ubicazione della sede legale, esso infatti trova applicazione per tutti i professionisti, anche quelli stabiliti”.
Inoltre, è giustificato da ben due motivi imperativi di “interesse generale” previsti della direttiva europea: la salvaguardia della sana amministrazione della giustizia e la tutela dei consumatori. Infine, la proporzionalità: il compenso minimo inderogabile è tale da garantire la concreta attuazione dell’articolo 36 della Costituzione; oltre ad un elevato livello qualitativo delle prestazioni e, conseguentemente, tutela al meglio i diritti e gli interessi costituzionalmente garantiti, a partire dal diritto di difesa.
Attualmente sono quattro le proposte di legge in materia: la n. 301 del 23/3/2018, a prima firma dell’On.le Giorgia Meloni; la n. 1979 del 12/7/2019 dell’On. Andrea Mandelli; la n. 2192 del 18/10/2019 dell’On.le Jacopo Morrone e la n. 2741 del 26/10/2020 dell’On.le Massimo Bitonci. Il 29/1072020 è stato inoltre presentato un Disegno di Legge, a prima firma del Senatore Sergio Puglia. Tutte hanno in comune la necessità di introdurre il principio del “compenso minimo inderogabile” così da ristabilire anche per i professionisti, il “diritto ad una giusta retribuzione correlata alla qualità ed alla quantità del lavoro prestato”
Secondo l’Aiga tuttavia per quanto riguarda gli avvocati, la tecnica legislativa da preferire è un intervento sulla Legge Professionale, senza dunque introdurre una normativa ad hoc. “Abbiamo fatto una sintesi – spiega il Presidente Antonio De Angelis – provando a prendere il meglio delle varie proposte e le abbiamo trasformate in una diversa e autonoma Pdl che mettiamo a disposizione del Parlamento e delle forze politiche”.
Gli interventi suggeriti dunque sono semplici e riguardano unicamente la legge 247/2012, prevedendo la modifica degli articoli 13 e 13 bis e l’introduzione degli articoli 13 ter e 13 quater.
Così , per esempio, al punto 3 dell’articolo 13, comma 1, si legge che: “Il compenso pattuito deve essere equo”. E che: “si considera equo il compenso proporzionato alla quantità ed alla qualità del lavoro svolto, al contenuto ed alle caratteristiche della prestazione professionale svolta, e comunque conforme ai parametri per la liquidazione del compenso per la professione previsti dal decreto del Ministero della Giustizia di cui al successivo comma 6”.
Al punto che il professionista è tenuto “a rendere noto al cliente il livello della complessità dell’incarico” ed a comunicare in forma “la prevedibile misura del costo della prestazione, distinguendo fra oneri, spese, anche forfetarie, e compenso”.
Mentre l’articolo 13-bis, relativo ai rapporti con la Pubblica amministrazione, mette nero su bianco che è nulla ogni pattuizione che determina “un eccessivo squilibrio contrattuale tra le parti in favore del committente della prestazione, dovendosi considerare tale la pattuizione di un compenso inferiore agli importi determinati con decreto ministeriale ai sensi del precedente comma”.
Si cerca così di ovviare, spiega Foglieni, ad una serie di pratiche di aggiramento della norma in vigore, con la finalità di conferire incarichi professionali con compensi irrisori. Per esempio attraverso il ricorso a moduli formalmente distinti oppure alla tecnica del rovesciamento delle posizioni, di offerente e di oblato.
Alcune Pa infatti nonostante il vincolo dell’equo compenso hanno continuato a pubblicare “bandi a costo zero”. Il Mef nel 2009 richiedeva una collaborazione a titolo gratuito, mentre di recente un bando dell’Inps prevedeva un compenso forfettario non conforme. Il Tar Lombardia invece (sentenza n. 1071 del 29/4/2021) ha affermato che la disciplina dell’equo compenso non trova applicazione ove la relativa clausola sia oggetto di trattativa tra le parti.
Infine, il nuovo articolo 13-quater prevede che il Cnf adotti disposizioni deontologiche per sanzionare la violazione da parte dell’avvocato dell’obbligo di convenire o di preventivare un compenso che sia giusto, equo e proporzionato alla prestazione professionale richiesta e in applicazione dei parametri.
Questo è il link per ascoltare l’intervento del collega Foglieni (al minuto 20): https://webtv.camera.it/evento/18291