Giu 30

I controlli bancari non sono sufficienti per l’accertamento fiscale nei confronti del professionista

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Cass. 21.06.2016, n.12779

Secondo i giudici di legittimità va annullato l’accertamento nei confronti del professionista, basato esclusivamente sulla base dei controlli dei conti correnti, assumendo che “… l’ufficio non poteva adottare, a supporto della ripresa a tassazione, le sole risultanze bancarie dovendole verificare sulla base di ulteriori elementi probatori”.

Nel conformarsi al principio sancito dalla Corte costituzionale n. 228/2014, depositata il 6 ottobre 2014 – secondo cui, nel caso di accertamenti nei confronti dei professionisti, i prelevamenti non si devono considerare compensi – la Suprema Corte afferma il prospettarsi di un “ius superveniens”, per effetto del quale il mutamento normativo prodotto da una pronuncia d’illegittimità costituzionale impone, anche nella fase di Cassazione, la disapplicazione della norma dichiarata illegittima e l’applicazione della disciplina che risulta dalla decisione della Corte costituzionale.

L’indirizzo risulta già avallato dalla Corte di Cassazione in precedenti pronunce che hanno definitivamente sancito la distinzione tra professionisti e imprese agli effetti delle indagini bancarie.

Con sentenza 23041, depositata l’11 novembre 2015, infatti, la Corte di legittimità ha affermato il principio di diritto secondo cui la presunzione in base alla quale “… sia i prelevamenti sia i versamenti operati sui conti correnti bancari, non annotati contabilmente, vanno imputati ai ricavi conseguiti, nella propria attività, dal contribuente che non ne dimostri l’inclusione nella base imponibile oppure l’estraneità alla produzione del reddito, si riferisce ai soli imprenditori e non anche ai lavoratori autonomi o professionisti intellettuali, essendo venuta meno, a seguito della sentenza della Corte Costituzionale n. 228 del 2014 … sicché non è più sostenibile l’equiparazione, ai fini della presunzione, tra attività d’impresa e professionale”.

Peraltro, con la sentenza 20251 del 9 ottobre 2015, per un caso analogo, di controlli bancari nei confronti di un avvocato, la Suprema Corte ha statuito la nullità degli accertamenti privi di un’adeguata motivazione da parte dell’ufficio, assumendo che a tal fine non basta contestare l’esistenza di corrispettivi in tutto o in parte non dichiarati, senza però indicare, almeno in via generale, le fonti del proprio convincimento; e ciò in violazione dell’art. 7 dello Statuto del Contribuente e dell’art. 42 del D.p.r. n. 600/1973.