Agosto 27

ASSEGNO DIVORZILE: LE NOVITÀ GIURISPRUDENZIALI

Dalla rubrica “parola all’avvocato” di BergamoSera. L’avvocato Tommaso Ghisalberti – referente della Commissione di Diritto di Famiglia – ci illustra le novità giurisprudenziali in materia di assegno di divorzio.

Nell’ambito di un giudizio di divorzio, così come sancito dall’art. 5, sesto comma, della legge n. 868/1970, il giudice che pronuncia la sentenza, ha la facoltà di disporre a carico di un coniuge l’onere di provvedere al versamento di un assegno in favore dell’altro coniuge se quest’ultimo non possiede i mezzi adeguati al proprio sostentamento né possa procurarseli per reali motivazioni.

L’innovativa sentenza n. 11504 della prima sezione della suprema Corte, emanata lo scorso 11 maggio 2017, ha suscitato dibattiti in tema di assegno divorzile, mutando un orientamento che si era mantenuto pressoché costante sino ad oggi.

La Corte di cassazione, attraverso detta pronuncia, ha infatti operato un importante mutamento, scindendo il giudizio sull’assegno divorzile in due momenti temporali (l’iniziale riconoscimento del diritto e la sua definizione quantitativa) ed abbandonando il principio cardine fondato sul tenore di vita goduto in costanza di matrimonio.

Tommaso Ghisalberti

Tommaso Ghisalberti

La suprema Corte opera dunque una innovativa quanto problematica sostituzione del criterio dell’analogo tenore di vita con quello del raggiungimento dell’indipendenza economica dell’ex coniuge richiedente. La ratio di detto principio si fonda sulla convinzione che il procedimento di divorzio mira ad estinguere definitivamente il rapporto coniugale sia sul piano personale che economico-patrimoniale.

Relativamente alla determinazione del quantum dell’assegno divorzile, la menzionata sentenza prevede l’obbligo per il giudice di procedere con un giudizio comparativo volto a determinare le rispettive posizioni personali e patrimoniali degli ex coniugi, senza ribadire in tale sede il criterio dell’autosufficienza economica usato per la determinazione dell’an.

Alle numerose e dissonanti pronunce della giurisprudenza di merito, in parte ancorate all’applicazione degli insegnamenti della Cassazione pressoché costante dagli anni ’90 ed in parte aperte al mutato orientamento, è conseguita la rimessione della questione alle sezioni unite della suprema Corte affinché le stesse apportino un intervento chiarificatore.

Il sostituto procuratore generale della Cassazione Marcello Matera ha sottolineato come ai fini della determinazione dell’assegno di mantenimento risulti ancora attuale il riferimento al tenore di vita goduto in costanza di matrimonio. Nel corso della requisitoria il sostituto procuratore ha altresì precisato come l’autosufficienza economica dell’ex coniuge sia solamente uno dei parametri di riferimento da tenere in considerazione unitamente agli altri principi stabiliti dalla legge quali l’apporto del coniuge al patrimonio familiare, la durata del vincolo di coniugio e, per l’appunto, il tenore di vita goduto in costanza di matrimonio. 
Non rimane che attendere l’illuminante intervento chiarificatore delle sezioni unite al fine di dirimere definitivamente il contrasto esistente circa i requisiti per riconoscere il diritto all’assegno divorzile.

Agosto 27

LA VARIAZIONE DELL’IVA NELLE PROCEDURE CONCORSUALI

Dalla rubrica “parola all’avvocato” di BergamoSera. L’avvocata Elisabetta Ricchiuti spiega la variazione dell’IVA nelle procedure concorsuali.

Con cadenza periodica (ad esempio, una volta all’anno) è opportuno effettuare un controllo contabile delle fatture emesse nei confronti di soggetti incorsi in procedure concorsuali o esecutive, al fine di verificare la possibilità di portare in detrazione l’Iva a suo tempo fatturata.

Per l’Iva l’art. 26, comma 2, del D.P.R. 633/1972, statuisce infatti il diritto per il cedente del bene o prestatore del servizio di portare in detrazione (in tutto o in parte) l’imposta esposta in fattura, qualora l’ammontare imponibile (cioè il corrispettivo della cessione o della prestazione) venga ad annullarsi (o a ridursi) “per mancato pagamento in tutto o in parte a causa di procedure concorsuali o di procedure esecutive rimaste infruttuose”.

Le procedure concorsuali che certamente consentono il diritto alla detrazione (in caso di infruttuosità) sono:
• il fallimento;
• il concordato fallimentare;
• il concordato preventivo;
• la liquidazione coatta amministrativa;
• accordo di ristrutturazione dei debiti (art. 182-bis della legge Fallimentare).

Non è invece ricompresa tra le procedure che danno il diritto a portare in detrazione l’Iva, almeno secondo l’orientamento dell’amministrazione finanziaria, l’amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi.

Circa le procedure concorsuali che consentono il diritto alla detrazione dell’Iva, va segnalato che secondo l’amministrazione finanziaria (cfr. circolare n. 77/E del 17.04.2000) possono esercitare tale diritto i soli cedenti o prestatori che hanno concorso alla procedura. Da ciò consegue che presupposto per la detrazione dell’Iva è l’ammissione allo stato passivo del fallimento ovvero l’inserimento nell’elenco dei creditori del concordato preventivo/fallimentare.

Per quanto poi concerne il momento nel quale sorge il presupposto della infruttuosità delle procedure concorsuali, venuta meno la modifica legislativa del di cui alla Legge 208/2015, (essenziale per poter operare la detrazione dell’Iva), sarà necessario farlo coincidere:
• per il fallimento, con la scadenza del termine per la presentazione delle osservazioni al piano di riparto, ovvero, se il fallimento si chiude senza un piano di riparto, con la scadenza del termine entro il quale è possibile proporre reclamo avverso il decreto di chiusura della procedura;
• per il concordato fallimentare, con il passaggio in giudicato della sentenza di omologazione;
• per la liquidazione coatta amministrativa, con l’approvazione del piano di riparto.
• per l’accordo di ristrutturazione dei debiti (182-bis L.F.) dal momento successivo alla certezza di falcidia del credito
• per il concordato preventivo al momento in cui il creditore adempie agli obblighi del piano concordatario.

Elisabetta Ricchiuti

Elisabetta Ricchiuti

Per quanto concerne il termine entro il quale è possibile esercitare il diritto alla detrazione statuito dall’art. 26, comma 2, del D.P.R. 633/1972, l’amministrazione finanziaria ha sostenuto che per effetto del combinato disposto del richiamato art. 26 e dell’art. 19 del medesimo decreto, tale diritto deve essere esercitato “al più tardi, con la dichiarazione relativa al secondo anno successivo a quello in cui si è verificato il presupposto” (cfr. ris. 85/E del 31.03.2009), dovendo intendersi, per verifica del presupposto, il momento in cui risulta definitivamente acclarata la infruttuosità della procedura concorsuale o esecutiva.

Dal punto di vista formale, è opportuno (giusto anche quanto indicato dalla prassi ministeriale) che il fornitore emetta una nota di variazione correlata alla fattura originaria, con indicate le sue generalità e quelle del cliente, la quantità e la qualità dei beni ceduti o delle prestazioni rese, l’ammontare dell’imponibile e dell’Iva originariamente fatturati nonché le variazioni sia dell’imponibile che dell’IVA operate in conseguenza del mancato pagamento. Non è invece consentito emettere una nota di variazione per la sola Iva, tralasciando la variazione dell’imponibile. Nella nota di variazione andrà altresì evidenziato che trattasi di variazione operata per mancato pagamento del corrispettivo a causa di procedura (concorsuale o esecutiva) rimasta infruttuosa, specificando gli estremi identificativi della procedura e gli elementi acclaranti la definitiva infruttuosità.

La Corte di giustizia con sentenza del 23 novembre 2017 ha evidenziato che, subordinare la facoltà di emettere la nota di variazione alla chiusura della procedura concorsuale si pone in contrasto con la normativa europea, in particolare dal punto di vista della cd neutralità, in quanto il creditore potrebbe decidere di chiudere la propria posizione iva prima della chiusura della procedura, rinunciando così al recupero dell’imposta; sotto il profilo della proporzionalità in quanto vi è fondato motivo di ritenere che vi sia ragionevole certezza della perdita del credito anche molto tempo primo la chiusura della procedura concorsuale.

La Corte di giustizia, sul punto, ha osservato come nella giurisdizione italiana sia necessario attendere anche oltre i 10 anni per la chiusura della procedura concorsuale ed ottenere così la definitiva certezza della perdita del credito, d’altra parte, un simile termine rischia di far supportare agli imprenditori soggetti a tale disciplina normativa uno svantaggio rispetto a coloro che operano in altri Stati membri.

Sulla base di tale valutazione, la Corte si è espressa mediante l’enunciazione di un principio di diritto secondo cui: “L’art. 11 della sesta direttiva dovrà essere interpretato nel senso che uno Stato membro non può subordinare la riduzione della base imponibile dell’iva all’infruttuosità della procedura concorsuale, quando questa duri più di dieci anni”.

Tale enunciazione non evidenzia il diritto di emettere la nota di variazione alla scadenza del decimo anno, pertanto, si ritiene necessario attendere una norma avente chiara natura interpretativa volta a sancire il diritto di emettere la nota di variazione Iva in diminuzione per il creditore nel momento in cui diventi altamente probabile il mancato recupero del credito e quindi della relativa imposta, sebbene la procedura non sia definitivamente terminata.

Agosto 27

ABBANDONO RIFIUTI: L’OBBLIGO DI RIMOZIONE DEL PROPRIETARIO COLPEVOLE

Dalla rubrica “parola all’avvocato” di BergamoSera. L’avvocato Carlo Foglieni – referente della Commissione di Diritto dell’Ambiente di Aiga di Bergamo – spiega quando sussiste l’obbligo per il proprietario di provvedere alla rimozione dei rifiuti abbandonati da terzi sul proprio terreno.

Cortese avvocato, sono proprietario di un terreno ove, a mia insaputa, sono stati abbandonati dei rifiuti non pericolosi. Qualche giorno fa mi è stata notificata dal Comune un’ordinanza con cui mi viene ordinato di rimuoverli, a mie spese, entro sessanta giorni, con l’avviso che, in caso contrario, verrò denunciato alla competente autorità giudiziaria per il reato di abbandono di rifiuti. Cosa posso fare per tutelarmi?

Cortese lettore,
l’art. 192 del D. Lgs. n. 152/2006 prevede il divieto di abbandono e di deposito incontrollato dei rifiuti sul suolo e nel suolo ed obbliga colui che viola tale divieto a procedere alla rimozione, all’avvio al recupero o allo smaltimento dei rifiuti ed al ripristino dello stato dei luoghi “in solido con il proprietario dell’area al quale tale violazione sia imputabile a titolo di dolo o colpa, in base agli accertamenti effettuati, in contraddittorio con soggetti interessati, dai soggetti preposti al controllo”.

Dal dato testuale della disposizione normativa si evince chiaramente che l’obbligo di rimozione e di ripristino dello stato dei luoghi grava anzitutto sul soggetto che ha effettuato l’abbandono e/o il deposito incontrollato dei rifiuti (trasgressore), nonché sul proprietario dell’area che con il proprio comportamento (doloso o colposo) abbia partecipato e/o contribuito alla violazione commessa dal trasgressore.

Carlo Foglieni

Carlo Foglieni

Pertanto, oltre nei casi di connivenza o di complicità con il trasgressore, il proprietario del fondo è obbligato a rimuovere i rifiuti abbandonati da ignoti tutte le volte nelle quali egli abbia tenuto un comportamento colpevole ovvero si sia disinteressato per una qualsiasi ragione del proprio bene e sia rimasto inerte, senza affrontare concretamente la situazione, oppure l’abbia affrontata con misure palesemente inadeguate.

Tale comportamento – precisa la giurisprudenza – ben può consistere nell’omissione degli accorgimenti e delle cautele che l’ordinaria diligenza suggerisce per realizzare un’efficace custodia e protezione dell’area, così impedendo che possano essere in essa indebitamente abbandonati rifiuti. Apporre una idonea recinzione e/o cartelli dissuasivi, effettuare controlli e verifiche periodiche del fondo, nonché segnalare l’abbandono di rifiuti alle autorità preposte alla vigilanza ambientale, possono considerarsi – ad esempio – indici sintomatici di un comportamento non negligente del proprietario del fondo. Per converso, però, come più volte precisato dalla giurisprudenza, l’omessa adozione di tali condotte non costituisce di per sé la prova della colpevolezza del proprietario che deve essere accertata, in concreto, caso per caso.

Per imporre al proprietario la rimozione dei rifiuti ed il ripristino dell’area il Comune deve dunque necessariamente accertare un suo coinvolgimento – quanto meno a titolo di colpa – nell’avvenuto abbandono. In caso contrario, l’ordinanza comunale deve considerarsi illegittima e può quindi essere impugnata dinnanzi al giudice amministrativo per chiederne l’annullamento.

Giugno 27

Elezioni delegati XXXIV congresso nazionale forense: Aiga Bergamo c’è!!!

Il nostro Presidente Carlo Foglieni è stato il più votato ed è risultato il primo dei delegati congressuali eletti dall’Ordine degli Avvocati di Bergamo. Un ringraziamento a tutti i soci e non soci che hanno creduto in questa difficile sfida, dando così ad AIGA la possibilità di poter far approvare in sede congressuale le proposte a tutela della giovane avvocatura.

Congratulazioni anche agli altri delegati eletti: Antonella Rosso di San Secondo, Giovanni Bertino e Francesca Pierantoni.

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