Aprile 8

Prima casa: ecco quali sono i benefici fiscali

Dalla rubrica “parola all’avvocato” di Bergamo Sera.

Cari lettori, in molti mi avete chiesto quali sono i benefici fiscali per l’acquisto della “prima casa” e riporto quindi di seguito le indicazioni di maggior interesse sul tema, facendo riferimento in particolare ai chiarimenti di recente forniti dall’Agenzia delle entrate con riferimento al requisito della residenza o luogo di svolgimento dell’attività.

Innanzitutto preciso che i benefici fiscali legati alla “prima casa” consentono l’applicazione dell’imposta di registro con aliquota agevolata (a seconda dei casi, nella m isura del 2% o del 4%), anziché con aliquota ordinaria, attualmente fissata nella misura del 9%. È prevista inoltre l’applicazione delle imposte ipotecaria e catastale in misura fissa (a seconda dei casi, nella misura di 50 euro ciascuna o di 200 euro ciascuna).

L’agevolazione prima casa può essere richiesta solo da persone fisiche (è escluso il beneficio in capo alle società), ivi compresi gli acquisti operati da uno o da entrambi i coniugi. Il regime di favore può trovare applicazione solo ove oggetto del trasferimento sia una “casa di abitazione, ad eccezione di quelle di categoria catastale A/1, A/8 e A/9”.

Il beneficio trova applicazione anche al trasferimento di pertinenze (garage, autorimesse, ecc …). Tuttavia, limitatamente alle pertinenze accatastate come C/2, C/6 o C/7, l’agevolazione prima casa può trovare applicazione nei limiti di un’unità per ciascuna delle menzionate categorie catastali, come precisato dalla Corte di cassazione con sentenza 13.3.2013.

Per fruire dell’agevolazione “prima casa” è necessario che si verifichino le seguenti condizioni:
– l’immobile deve essere ubicato nel territorio del comune in cui l’acquirente ha o stabilisca entro diciotto mesi dall’acquisto la propria residenza o, se diverso, in quello in cui l’acquirente svolge la propria attività (anche non remunerata, secondo i chiarimenti forniti dall’Agenzia delle entrate con circolare 29 maggio 2013); è di fondamentale importanza che la dichiarazione di voler stabilire la residenza nel comune ove è ubicato l’immobile acquistato sia resa, a pena di decadenza, dall’acquirente nell’atto di acquisto;
– nell’atto di acquisto l’acquirente deve dichiarare di non essere titolare esclusivo o in comunione con il coniuge dei diritti di proprietà, usufrutto, uso e abitazione su altra casa di abitazione nel territorio del comune in cui è situato l’immobile da acquistare;
– nell’atto di acquisto l’acquirente deve dichiarare di non essere titolare, neppure per quote, anche in regime di comunione legale su tutto il territorio nazionale dei diritti di proprietà, usufrutto, uso, abitazione e nuda proprietà su altra casa di abitazione acquistata dallo stesso soggetto o dal coniuge con le agevolazioni “prima casa”. È bene precisare che tale condizione, a partire dall’1.1.2016, può anche non essere soddisfatta al momento dell’atto, a condizione che l’acquirente alieni la “vecchia” prima casa entro un anno dal “nuovo” acquisto agevolato (come previsto dalla Legge di stabilità per il 2016).

Vincenzo Fusco

Vincenzo Fusco

Secondo quanto affermato dalla Cassazione, con riferimento alla prova della residenza, è irrilevante la situazione di fatto, mentre rilevano solo le risultanze anagrafiche. Il cambio di residenza si considera avvenuto nella stessa data in cui l’interessato presenta al Comune la dichiarazione di trasferimento della residenza. Inoltre, il cambio di residenza si ritiene perfezionato anche nel caso in cui la dichiarazione di cambio di residenza sia stata presentata tempestivamente, ma la pratica non sia stata conclusa entro il termine di 18 mesi; ciò a condizione, però, che essa sia effettivamente andata a buon fine.

In caso di acquisto da parte dei coniugi, non è necessario che entrambi abbiano la residenza nel Comune, considerato che ai fini agevolativi fa fede la “residenza della famiglia”.
Determinano la decadenza dall’agevolazione prima casa goduta in relazione ad un determinato acquisto immobiliare:
– l’aver reso nell’atto di acquisto una dichiarazione mendace (in relazione ai requisiti agevolativi);
– il trasferimento, per atto a titolo oneroso o gratuito, prima del decorso di 5 anni dalla data dell’acquisto, degli immobili acquistati con i benefici prima casa, salvo che si proceda entro 1 anno all’acquisto di un immobile da adibire ad abitazione principale.

Caso particolare esaminato dall’Agenzia delle entrate (Risoluzione n. 53/E del 27.04.2017) è quella di chi compra la “prima casa”, dichiarando che l’abitazione oggetto di acquisto si trova nel Comune dove egli svolge la sua attività lavorativa e, in un atto successivo, afferma che la casa è ubicata nel Comune in cui egli intende trasferire la propria residenza entro 18 mesi dalla data del rogito. La vicenda esaminata dall’Agenzia era quella di un avvocato che aveva aperto uno studio in un determinato Comune, in previsione di lavorare per un particolare cliente, ma avendo poi “perso” il cliente in questione, aveva deciso di chiudere lo studio, senza aver mai svolto la propria attività. Al momento dell’apertura dello studio professionale, l’avvocato aveva acquistato pure una casa di abitazione nello stesso Comune, chiedendo di voler fruire dell’agevolazione “prima casa”, in considerazione prospettica di esercitare la propria attività professionale in quel Comune. Considerata la prospettiva professionale non andata a buon fine, l’avvocato ha quindi chiesto all’Agenzia delle Entrate se l’agevolazione prima casa avrebbe potuto essere tenuta ferma sostituendo (attraverso la stipula di un nuovo atto notarile) la dichiarazione di svolgere la propria attività lavorativa in quel Comune con la dichiarazione di voler trasferire ivi la propria residenza. Nel fornire risposta all’avvocato/contribuente, l’Agenzia delle entrate si è mostrata “benevola”, ammettendo la possibilità di effettuare “cambi di rotta”, senza perciò perdere il beneficio fiscale.

Lo stesso Ministero dell’Economia ha precisato che è ammessa la fruizione del beneficio “prima casa” anche nell’ipotesi inversa, cioè quella in cui il contribuente prima dichiara nel rogito l’intenzione di trasferire la propria residenza entro 18 mesi nel Comune in cui si trova l’immobile oggetto di acquisto e, successivamente, non volendo o potendo (per le più svariate ragioni) trasferire la propria residenza in quel Comune, dichiara di svolgere in esso la propria attività lavorativa.

Aprile 8

Diritto bancario: quando i tassi d’interesse rischiano di diventare usura?

Dalla rubrica “parola all’avvocato” di Bergamo Sera.

La legge 108/1996 ha riformato il sistema di lotta all’usura, oltre che inasprendo e rendendo più efficace, in sede penale, la repressione della condotta di chiunque si faccia dare o promettere interessi usurari quale corrispettivo di una prestazione di denaro (art. 644 codice penale), prevedendo, in sede civile, la nullità della pattuizione dei suddetti interessi, che non sono, quindi, più dovuti al creditore (art. 1815 secondo comma codice civile).

La stessa legge ha inoltre individuato una precisa soglia numerica oltre la quale il tasso d’interesse è usurario, calcolata aumentando in misura percentuale (nei termini precisati all’art. 2 ultimo comma) il cosiddetto Tegm, ovverosia il tasso effettivo globale medio, praticato dalle banche (e dagli altri operatori finanziari autorizzati) per ciascuna singola categoria di operazioni di credito (ad. es. mutui, leasing, anticipazioni ed aperture di credito in conto corrente, ecc.), trimestralmente rilevato dal Ministero dell’Economia e delle Finanze sulla scorta delle indicazioni della Banca d’Italia, e pubblicato in Gazzetta Ufficiale.
Non, quindi, un valore “fisso”, bensì variabile nel tempo – seppure sulla base di parametri predeterminati – in base all’andamento del mercato.

All’indomani della riforma, si è subito posto il problema se anche i finanziamenti antecedenti fossero soggetti alle suddette soglie ivi previste. Ci si è chiesti, ad esempio, se un mutuo ventennale pattuito nel 1982, il cui tasso d’interesse era elevato in ragione dell’inflazione a due cifre dell’epoca, potesse essere considerato usurario in base alla soglia successivamente individuata nel 1997 (anno delle prime citate rilevazioni trimestrali), in un contesto di inflazione, e correlati tassi medi d’interesse, di gran lunga inferiore, e, quindi, se fosse corretto affermare per il suddetto mutuo, originariamente rispondente ai dettami di legge, di “usura sopravvenuta”, con conseguente disapplicazione, per effetto della succitata nullità sancita dall’art. 1815 secondo comma c.c., del tasso d’interesse praticato, ed obbligo del debitore di restituire alla banca solamente il capitale ricevuto, ma non anche di pagare gli interessi.

Ci si è, anche, domandati se fosse consentito parlare di usura sopravvenuta per i rapporti di finanziamento già esauritisi prima della L. 108/1996 (con conseguente obbligo degli istituti di credito, addirittura, di restituire ex post al cliente gli interessi da questi pagati…), nonché per quelli sorti dopo l’entrata in vigore della L. 108/1996, ma il cui saggio d’interesse, originariamente pattuito sotto la soglia trimestralmente rilevata nei termini appena descritti, si sia attestato nel corso della vita del finanziamento al di sopra.

Il D.L. 394/2000, conv. con L. 24/2001 ha dato risposta alle suddette questioni stabilendo, con efficacia retroattiva, che “ai fini dell’applicazione dell’art. 644 del codice penale e dell’art. 1815, secondo comma, del codice civile”, il raffronto del tasso concretamente applicato al finanziamento, col cosiddetto “tasso soglia” ex L. 108/1996, deve essere esclusivamente effettuato avuto riguardo al momento della stipula del contratto di finanziamento.

Simone Bertone

Simone Bertone

Le decisioni dei tribunali hanno quindi, anzitutto, pacificamente escluso che possa considerarsi usurario un mutuo estintosi prima dell’entrata in vigore della L. 108/1996, essendo evidentemente nato, vissuto e morto quando non esisteva ancora alcun tasso soglia oltre il quale lo si potesse definire tale. Dubbi sono tuttavia rimasti relativamente ai finanziamenti antecedenti alla L. 108/1996, ma ancora pendenti dopo la sua entrata in vigore, e per quelli successivi, il cui tasso originariamente sotto soglia sia poi divenuto superiore, avendo alcune corti di giustizia e studiosi del diritto ritenuto che le previsioni del D.L. 394/2000 riguardino la sola più severa sanzione di nullità – e conseguente radicale non debenza – degli interessi prevista dall’art. 1815 secondo comma c.c., ma non anche altri rimedi come, ad esempio, l’automatica riduzione (ai sensi degli artt. 1419 e 1339 c.c.) dei tassi divenuti usurari entro i limiti del tasso soglia via via vigente, restando quindi dovuti solo in questa misura.

Orientamento, questo, che trae anche origine da un discusso passo della sentenza n. 29/2002 della Corte costituzionale la quale, nel respingere il sospetto di incostituzionalità del D.L. 394/2000, ha comunque affermato l’inapplicabilità della suddetta norma agli eventuali ulteriori strumenti di tutela previsti dal codice civile per il soggetto finanziato.

Inoltre, sempre secondo questo orientamento, la perdurante applicazione da parte di un istituto di credito di un saggio d’interesse che sia, nel frattempo, divenuto usurario, confliggerebbe con l’obbligo di rispetto della buona fede nell’esecuzione dei contratti, stabilito dall’art. 1375 c.c.

Le sezioni unite della Corte di cassazione con la recente sentenza n. 24675 del 19.10.2017 hanno tuttavia bocciato detta corrente di pensiero, rimarcando come la definizione di tasso usurario, richiamata anche dall’art. 1815 c.c., sia stabilita solo ed esclusivamente dall’art. 644 c.p., il quale rinvia, a propria volta, per il suo calcolo, alla legge 108/1996, e la cui applicazione non può prescindere dal D.L. 394/2000, ai sensi del quale il vaglio di usurarietà deve essere effettuato solo ed esclusivamente al momento della pattuizione del tasso. Diversamente, si accederebbe ad un’inammissibile nozione di usura, non rispondente a tali stringenti dettami di legge.

Le sezioni unite hanno inoltre aggiunto che il sistema delineato dal legislatore del 1996 risponde ad una volontà di repressione dell’intento usurario del soggetto finanziatore al momento della pattuizione, che verrebbe frustrata allorché venissero sanzionate anche situazioni – come quelle a cui fa riferimento l’ipotizzata usura sopravvenuta – indipendenti dalla sua responsabilità, bensì dalle fluttuazioni dei tassi in base all’andamento del mercato.

Anche il citato discusso passo della sentenza n. 29/2002 della Corte costituzionale non appare, ad avviso delle sezioni unite, decisivo, non consentendo comunque esso di affermare l’inefficacia di un tasso successivamente alla sua pattuizione, in quanto ciò contrasterebbe col dettato del D.L. 394/2000, bensì solo di utilizzare altri (peraltro non meglio definiti) rimedi di legge.

Desta, infine, perplessità il sintetico e non ulteriormente argomentato passaggio della decisione delle sezioni unite in commento, secondo il quale la perdurante riscossione da parte dell’istituto di credito di un tasso d’interesse divenuto sopra soglia ex L. 108/1996 non denoterebbe, di per sé, mala fede in contrasto con l’art. 1375 c.c., in quanto ciò costituirebbe pur sempre per la banca esercizio di un diritto previsto nel contratto. Ad avviso della Cassazione, per poter affermare la violazione della buona fede nell’esecuzione del contratto, si dovrebbe invece porre attenzione alle “particolari modalità di tale esercizio in concreto, che siano appunto scorrette in relazione alle circostanze del caso”.

Così argomentando, tuttavia, più che chiudersi definitivamente ogni spiraglio argomentativo alla tesi dell’usura sopravvenuta, potrebbero, all’opposto, aprirsene di nuovi.

Marzo 29

13/4/2018 Fondi Europei per gli avvocati: Istruzioni per l’uso

13 aprile 2018, dalle ore 14.30 alle ore 18.30

Auditorium del Collegio Vescovile Sant’Alessandro in Bergamo, Via Garibaldi n. 3.

I fondi europei per gli avvocati sono un’opportunità da cogliere. Per questo Aiga Bergamo non solo ha organizzato, con il patrocinio della Fondazione Aiga Tommaso Bucciarelli, un convegno ad hoc, ma sta costituendo per i propri associati lo “sportello dei fondi europei“.

Nel corso del convegno l’avv. Alessandra Magnabosco (direttore organizzativo della Fondazione AIGA Tommaso Bucciarelli) ci illustrerà la normativa di riferimento sui finanziamenti europei.

La dr.ssa Ida Ciaralli (consultant, Project Advisor e giornalista) ci riferirà invece dei bandi dei finanziamenti europei  in corso e ci racconterà dell’attività svolta dalla Europe Direct Lombardia di Regione Lombardia.

Il dr. Matteo Gustinetti (consulente in progettazione europea per enti pubblici e privati, esperto in finanza innovativa) ci illustrerà le modalità di elaborazione e di presentazione dei progetti europei.

L’avv. Antonella Rosso di San Secondo (Coordinatrice della Commissione Fondi Europei dell’Unione Lombarda Ordini Forensi) ci riferirà infine dell’attività svolta dalla commissione Fondi Europei dell’Unione Lombarda Ordini Forensi.

Evento gratuito. Prenotazione tramite portale sfera. 3 crediti formativi

Marzo 19

4/4/2018: Aiga Spring Party

 

 La primavera tarda ad arrivare? Non ti preoccupare. Vieni allo spring party targato AIGA Bergamo e sarà subito primavera. Vi aspettiamo numerosi….

Aperitivo con buffet (drink + buffet 10,00 €).

 

 

NEWER OLDER 1 2 103 104 105 166 167