Dalla rubrica “parola all’avvocato” di Bergamo Sera.
L’accesso alla documentazione bancaria, nonché i suoi limiti, trovano la loro disciplina nell’art. 119 quarto comma del Testo unico bancario (D.Lgs. 385/1993), il quale prevede il diritto di ottenere dall’istituto di credito “copia della documentazione inerente a singole operazioni poste in essere negli ultimi dieci anni”.
Occorre, quindi, un’istanza non generica, bensì relativa a specifici rapporti (ad esempio gli estratti conto relativi ad un determinato conto corrente e/o conto anticipi, un contratto di fideiussione, un contratto di mutuo, nonché la contabile relativa al suo ammortamento) ed avente ad oggetto documentazione risalente, al massimo, al decennio precedente (ad esempio, qualora la richiesta sia datata 1.1.2018, non sussiste il diritto alla consegna di documentazione antecedente l’1.1.2008).
Hanno diritto alla consegna della sopra descritta documentazione “il cliente, colui che gli succede a qualunque titolo e colui che subentra nell’amministrazione dei suoi beni”. Non solo, dunque, l’originario titolare dello specifico rapporto/operazione, ma anche, ad esempio: i suoi eredi; l’amministratore di sostegno, il curatore o il tutore di una persona fisica; la società che abbia incorporato per fusione l’originaria titolare del rapporto; il cessionario del ramo d’azienda (bene inteso, allorché il ramo in questione sia comprensivo anche dei rapporti bancari originariamente facenti capo al cedente); il curatore fallimentare.
Interessante segnalare come tali limiti soggettivi non possano essere elusi (ad esempio, dal figlio che sia stato escluso per testamento dalla successione del genitore ed intenda valutare se sia stato così leso il proprio diritto alla c.d. legittima) richiedendo la medesima documentazione ai sensi degli artt. 7 e 8 della Legge sulla privacy (D.Lgs. 196/2003), i quali disciplinano, a propria volta, il diritto di ciascun interessato “di ottenere la conferma dell’esistenza o meno di dati personali che lo riguardano … e la loro comunicazione in forma intellegibile”, mediante “richiesta rivolta senza formalità al titolare o al responsabile…alla quale è fornito idoneo riscontro senza ritardo”. Diverse recenti pronunce del garante per la protezione dei dati personali (n. 160 del 18.5.2012; n. 66 del 6.2.2014; n. 261 del 30.4.2015) hanno infatti sottolineato come il successivo art. 10 della citata Legge sulla privacy stabilisca che “il diritto di ottenere la comunicazione in forma intelligibile dei dati non riguarda dati personali relativi a terzi”, i quali, dunque, debbono essere oscurati, rimarcando il Garante come non sia lecito surrettiziamente “trasformare l’istanza di accesso ai dati personali in un’istanza di accesso a documenti”.
E’ buona norma, seppure non espressamente previsto dalla legge, chiedere i documenti ai sensi dell’art. 119 Testo unico nancario in forma scritta, avendo cura, qualora la domanda venga consegnata a mani, di fare protocollare dall’istituto di credito la richiesta, oppure di trasmetterla a mezzo raccomandata con avviso di ricevimento, onde così attribuirvi una data certa, da cui calcolare il termine massimo di “novanta giorni” previsto dalla legge perché la banca vi dia riscontro (ed altresì ai fini di quanto si dirà subito di seguito in caso di mancata evasione e/o rigetto della domanda).
Il legislatore prevede, infine, che il diritto in questione venga esercitato dal richiedente “a proprie spese”, le quali possono tuttavia consistere nei soli “costi di produzione” – ovverosia di copia – della documentazione richiesta.
Qualora la domanda in esame resti inevasa oppure sia oggetto di diniego, il diritto d’accesso potrà essere tutelato avanti all’autorità giudiziaria a mezzo decreto ingiuntivo ovvero con procedimento sommario di cognizione ex artt. 702 bis e ss. c.p.c. Ove tuttavia – come la più parte delle volte accade – l’accesso alla documentazione bancaria rivesta carattere meramente strumentale e, cioè, sia finalizzato ad acquisire prove per ottenere una pronuncia relativa ad altri diritti (ad esempio, si chiede copia degli estratti relativi ad un conto corrente al fine di ottenere la condanna alla restituzione di importi che si assume siano stati illegittimamente addebitati su quel conto), esso potrà essere tutelato mediante richiesta al giudice di ordinare ai sensi dell’art. 210 c.p.c. all’istituto di credito la documentazione che si assume non consegnata.
Preme evidenziare come tale richiesta non sia soggetta ai limiti previsti dai citati Testo unico bancario e Legge sulla privacy, purché il soggetto richiedente l’ordine di esibizione previamente ne dimostri l’indispensabilità per la tutela in giudizio delle proprie ragioni, di averne fatto domanda alla banca prima di avviare il contenzioso (escludendo la giurisprudenza pacifica che l’ordine ex art. 210 c.p.c. possa supplire a negligenze di carattere istruttorio della parte su cui incombe il correlato onere) ed altresì che – come stabilito dall’art. 94 delle Disposizioni d’attuazione al codice di procedura civile – siano rispettati gli indispensabili presupposti di “specifica indicazione” della documentazione di cui è richiesta l’esibizione, nonché di prova che la parte, oppure il terzo (qualora si tratti di soggetto estraneo al giudizio), nei cui confronti l’ordine dovrà eventualmente essere dato, effettivamente dispongano della documentazione richiesta.