Dalla rubrica “parola all’avvocato” di BergamoSera. L’avvocato Simone Bertone – membro della Commissione di diritto penale di Aiga Bergamo – spiega pro e contro per i risparmiatori.
In questa puntata della rubrica “Parola all’avvocato”, analizzeremo uno degli investimenti più diffusi fra i risparmiatori: le polizze vita.
Nelle polizze vita cosiddette “linked” (letteralmente, in inglese, “collegate”) il capitale che verrà pagato dalla compagnia assicurativa al beneficiario (in caso di decesso dell’assicurato) oppure allo stesso assicurato (ove previsto in contratto, allo scadere di un termine prestabilito entro cui l’evento morte non si sia verificato) dipende dall’andamento di fondi di investimento (per il caso di polizze vita c.d. “unit linked”) oppure titoli azionari ovvero indici di borsa (per il caso delle polizze vita c.d. “index linked”) nei quali è stata investita dalla compagnia la somma versata a titolo di premio.
La variabilità di questi indici aggiunge al profilo di rischio naturalmente insito nel contratto assicurativo, relativo all’incertezza del verificarsi o meno di un evento della vita da cui ci si intende premunire, quello concernente l’ammontare dell’indennizzo, ben potendo il premio versato notevolmente incrementarsi, ma anche ridursi, fino ad azzerarsi, senza che sia talvolta garantita la restituzione, neppure in minima parte (è il caso delle c.d. polizze linked pure), del suddetto capitale.
Questi prodotti godono di significativi benefici, che ne hanno comportato una significativa diffusione, tra cui:
– la differibilità al momento del riscatto della polizza della tassazione degli utili, i quali potranno essere così integralmente reinvestiti senza imposte per tutta la durata del contratto (c.d. tax deferral);
– l’esenzione dall’imposta sulle successioni dell’indennizzo erogato in caso di decesso dell’assicurato (cfr. art. 12 comma 1 lett. c) D.Lgs. 346/1990), acquistando il beneficiario il diritto alla sua corresponsione non già per effetto della successione dell’assicurato, bensì direttamente dalla compagnia in ragione della polizza (cfr. art. 1920 codice civile);
– il diritto, più volte ribadito dall’Autorità Garante della Privacy, alla riservatezza dell’identità dei beneficiari della polizza nei confronti dei terzi richiedenti (specie se eredi non beneficiati dalla polizza);
– l’inassoggettabilità dell’indennizzo assicurativo a pignoramenti e/o sequestri da parte di eventuali creditori del sottoscrittore (cfr. art. 1923 codice civile).
Non va, peraltro, sottaciuto che le polizze linked rispondono anche agli interessi delle compagnie assicurative le quali, a differenza che per le polizze vita tradizionale, possono così evitare di accantonare quote del proprio patrimonio a garanzia della restituzione di ciascun premio raccolto. Ci si è quindi interrogati sull’effettiva natura di questi prodotti, nella misura in cui il sottoscrittore della polizza, anziché e solo premunirsi delle conseguenze economiche sfavorevoli di un evento infausto della vita umana, in realtà investe il premio versato con l’auspicio che il suo ammontare cresca in base all’andamento positivo degli indici a cui viene ancorato, perseguendo quindi l’operazione uno scopo non solo assicurativo, ma anche finanziario.
La questione è giunta alle aule di giustizia allorché questa duplice finalità non sia stata consapevolmente assunta dal sottoscrittore, il quale, nell’intento di assicurare ai propri figli o nipoti una somma dopo la propria morte, magari anche ingolosito dai benefici di cui queste polizze godono, non ha invece lasciato loro nulla o quasi, a causa del pessimo andamento degli indici di cui sopra. Si è posto, quindi, il problema dell’applicabilità anche a tali prodotti dei particolari obblighi informativi previsti dalla legge nell’interesse dell’investitore in prodotti finanziari e, dunque, anche delle sanzioni di invalidità dei prodotti stessi in caso di loro violazione, nonché dei correlati obblighi restitutori/risarcitori da parte delle compagnie.
Il legislatore italiano, preso atto della loro natura ibrida, ha esteso nel 2005/2006 a questi particolari prodotti assicurativi norme destinate a quelli più propriamente finanziari. Si vedano, in particolare, l’art. 2 del D. Lgs. 209/2005 (Codice delle assicurazioni private), che ne ha fornito una definizione normativa, ricomprendendoli nel cosiddetto “ramo III” delle polizze vita, e l’art. 25 bis D.Lgs. 58/1998 (Testo Unico di Intermediazione Finanziaria), inserito dalla L. 262/2005, che ha esteso alle suddette polizze del “ramo III” (espressamente richiamate all’art. 1, comma 1, lettera W bis, a propria volta inserito nel T.u.f. dal D. Lgs. 303/2006) i particolari obblighi informativi previsti dagli articoli 21 e 23.
Recenti sentenze hanno quindi dichiarato l’invalidità di polizze linked sottoscritte senza che il contraente fosse stato adeguatamente informato dalla compagnia assicurativa della loro natura finanziaria, ritenuta talvolta addirittura prevalente rispetto a quella assicurativa laddove esse non garantiscano la restituzione del premio versato (si vedano in tal senso Tribunale di Genova, sentenza 17.5.2018; Tribunale di Taranto, sentenza 7.6.2018).
Più incerta, al riguardo, la posizione della Corte di Cassazione, come da ultimo segnalato anche dalla principale associazione rappresentativa delle compagnie assicurative a fronte di titoli giornalistici ad effetto relativi a recenti pronunce.
Il Supremo Collegio, oltretutto per casi risalenti a prima dei citati interventi normativi, ha infatti ritenuto non essere di propria competenza, bensì del giudice di merito, l’interpretazione delle singole clausole di ciascun contratto ai fini della valutazione della prevalenza, caso per caso, della causa finanziaria rispetto a quella assicurativa. Interpretazione, peraltro, ritenuta in concreto immune da censure (si vedano, in tal senso Cass. 30.4.2018 n. 10333 e Cass. 18.4.2012 n. 6061).
Si segnala, in questo contesto, una recente decisione del Tribunale di Brescia del 6.7.2018 che ha accolto l’opposizione avverso il pignoramento dell’indennizzo assicurativo derivante da una polizza c.d. unit linked, richiesto da un creditore che, sulla scorta del citato orientamento di merito, aveva reputato il prodotto finanziario anziché assicurativo e, dunque, esente dal beneficio d’impignorabilità/insequestrabilità previsto dall’art. 1923 del codice civile.
Il giudice bresciano ha infatti respinto la tesi del creditore pignorante, evidenziando come, dalla più recente normativa europea direttamente applicabile anche in Italia (il cosiddetto “Regolamento PRIP” n. 1286/2014, relativo ai prodotti d’investimento ed assicurativi preassemblati, nonché Direttiva n. 97/2016 sulla distribuzione assicurativa), emerga che la mancata garanzia di restituzione del premio pagato non osti comunque alla qualificazione del contratto come assicurativo, ed ha quindi reputato applicabili le esenzioni previste dall’art. 1923 codice civile.