Ago 27

LA VARIAZIONE DELL’IVA NELLE PROCEDURE CONCORSUALI

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Dalla rubrica “parola all’avvocato” di BergamoSera. L’avvocata Elisabetta Ricchiuti spiega la variazione dell’IVA nelle procedure concorsuali.

Con cadenza periodica (ad esempio, una volta all’anno) è opportuno effettuare un controllo contabile delle fatture emesse nei confronti di soggetti incorsi in procedure concorsuali o esecutive, al fine di verificare la possibilità di portare in detrazione l’Iva a suo tempo fatturata.

Per l’Iva l’art. 26, comma 2, del D.P.R. 633/1972, statuisce infatti il diritto per il cedente del bene o prestatore del servizio di portare in detrazione (in tutto o in parte) l’imposta esposta in fattura, qualora l’ammontare imponibile (cioè il corrispettivo della cessione o della prestazione) venga ad annullarsi (o a ridursi) “per mancato pagamento in tutto o in parte a causa di procedure concorsuali o di procedure esecutive rimaste infruttuose”.

Le procedure concorsuali che certamente consentono il diritto alla detrazione (in caso di infruttuosità) sono:
• il fallimento;
• il concordato fallimentare;
• il concordato preventivo;
• la liquidazione coatta amministrativa;
• accordo di ristrutturazione dei debiti (art. 182-bis della legge Fallimentare).

Non è invece ricompresa tra le procedure che danno il diritto a portare in detrazione l’Iva, almeno secondo l’orientamento dell’amministrazione finanziaria, l’amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi.

Circa le procedure concorsuali che consentono il diritto alla detrazione dell’Iva, va segnalato che secondo l’amministrazione finanziaria (cfr. circolare n. 77/E del 17.04.2000) possono esercitare tale diritto i soli cedenti o prestatori che hanno concorso alla procedura. Da ciò consegue che presupposto per la detrazione dell’Iva è l’ammissione allo stato passivo del fallimento ovvero l’inserimento nell’elenco dei creditori del concordato preventivo/fallimentare.

Per quanto poi concerne il momento nel quale sorge il presupposto della infruttuosità delle procedure concorsuali, venuta meno la modifica legislativa del di cui alla Legge 208/2015, (essenziale per poter operare la detrazione dell’Iva), sarà necessario farlo coincidere:
• per il fallimento, con la scadenza del termine per la presentazione delle osservazioni al piano di riparto, ovvero, se il fallimento si chiude senza un piano di riparto, con la scadenza del termine entro il quale è possibile proporre reclamo avverso il decreto di chiusura della procedura;
• per il concordato fallimentare, con il passaggio in giudicato della sentenza di omologazione;
• per la liquidazione coatta amministrativa, con l’approvazione del piano di riparto.
• per l’accordo di ristrutturazione dei debiti (182-bis L.F.) dal momento successivo alla certezza di falcidia del credito
• per il concordato preventivo al momento in cui il creditore adempie agli obblighi del piano concordatario.

Elisabetta Ricchiuti

Elisabetta Ricchiuti

Per quanto concerne il termine entro il quale è possibile esercitare il diritto alla detrazione statuito dall’art. 26, comma 2, del D.P.R. 633/1972, l’amministrazione finanziaria ha sostenuto che per effetto del combinato disposto del richiamato art. 26 e dell’art. 19 del medesimo decreto, tale diritto deve essere esercitato “al più tardi, con la dichiarazione relativa al secondo anno successivo a quello in cui si è verificato il presupposto” (cfr. ris. 85/E del 31.03.2009), dovendo intendersi, per verifica del presupposto, il momento in cui risulta definitivamente acclarata la infruttuosità della procedura concorsuale o esecutiva.

Dal punto di vista formale, è opportuno (giusto anche quanto indicato dalla prassi ministeriale) che il fornitore emetta una nota di variazione correlata alla fattura originaria, con indicate le sue generalità e quelle del cliente, la quantità e la qualità dei beni ceduti o delle prestazioni rese, l’ammontare dell’imponibile e dell’Iva originariamente fatturati nonché le variazioni sia dell’imponibile che dell’IVA operate in conseguenza del mancato pagamento. Non è invece consentito emettere una nota di variazione per la sola Iva, tralasciando la variazione dell’imponibile. Nella nota di variazione andrà altresì evidenziato che trattasi di variazione operata per mancato pagamento del corrispettivo a causa di procedura (concorsuale o esecutiva) rimasta infruttuosa, specificando gli estremi identificativi della procedura e gli elementi acclaranti la definitiva infruttuosità.

La Corte di giustizia con sentenza del 23 novembre 2017 ha evidenziato che, subordinare la facoltà di emettere la nota di variazione alla chiusura della procedura concorsuale si pone in contrasto con la normativa europea, in particolare dal punto di vista della cd neutralità, in quanto il creditore potrebbe decidere di chiudere la propria posizione iva prima della chiusura della procedura, rinunciando così al recupero dell’imposta; sotto il profilo della proporzionalità in quanto vi è fondato motivo di ritenere che vi sia ragionevole certezza della perdita del credito anche molto tempo primo la chiusura della procedura concorsuale.

La Corte di giustizia, sul punto, ha osservato come nella giurisdizione italiana sia necessario attendere anche oltre i 10 anni per la chiusura della procedura concorsuale ed ottenere così la definitiva certezza della perdita del credito, d’altra parte, un simile termine rischia di far supportare agli imprenditori soggetti a tale disciplina normativa uno svantaggio rispetto a coloro che operano in altri Stati membri.

Sulla base di tale valutazione, la Corte si è espressa mediante l’enunciazione di un principio di diritto secondo cui: “L’art. 11 della sesta direttiva dovrà essere interpretato nel senso che uno Stato membro non può subordinare la riduzione della base imponibile dell’iva all’infruttuosità della procedura concorsuale, quando questa duri più di dieci anni”.

Tale enunciazione non evidenzia il diritto di emettere la nota di variazione alla scadenza del decimo anno, pertanto, si ritiene necessario attendere una norma avente chiara natura interpretativa volta a sancire il diritto di emettere la nota di variazione Iva in diminuzione per il creditore nel momento in cui diventi altamente probabile il mancato recupero del credito e quindi della relativa imposta, sebbene la procedura non sia definitivamente terminata.