Dalla rubrica “parola all’avvocato” di Bergamo Sera.
Una società mia assistita (che chiameremo “Gamma ltd” – nome di fantasia) ha sede in Nigeria (Africa). Qualche tempo fa il titolare di Gamma ltd contattava una società italiana (“Beta S.r.l.”) per avere informazioni circa l’acquisto di un impianto per la produzione di blocchi di “cemento cellulare” per la costruzione della propria sede sociale.
Dopo i primi contatti, il titolare di Gamma ltd si recava in Italia presso la sede di Beta S.r.l. In tale occasione le parti stipulavano il contratto di acquisto, che comprendeva anche il trasporto in Africa dell’impianto (il quale, ovviamente, è di dimensioni molto ingombranti, in quanto costituito da una macchina impastatrice, da alcuni casseri, nastro trasportatore ecc…).
Il costo totale dell’impianto comprensivo delle spese di trasporto ammontava a circa € 50.000,00 e, subito dopo la firma del contratto, Gamma ltd provvedeva a disporre un bonifico di € 20.000,00 a titolo di acconto. In seguito il titolare di Gamma ltd rientrava in Nigeria.
Sennonché, dopo qualche giorno lo stesso incontrava per puro caso due imprenditori italiani, i quali, parlando della loro attività, lo informavano di aver acquistato alcuni mesi prima da Beta S.r.l. un impianto praticamente identico a quello ordinato da Gamma ltd, e di avere anche stipulato un contratto di rappresentanza in esclusiva per la Nigeria, con la medesima società italiana.
Il titolare della società mia assistita, alquanto stupito per quanto appreso dai due imprenditori, provvedeva a contestare quanto sopra a Beta S.r.l., spiegando che, ovviamente, se fosse stato informato che in Nigeria era operante un impianto come quello dallo stesso ordinato, Gamma ltd avrebbe potuto limitarsi a comprare il cassero/stampo per blocchi antisismici strutturali, affidandosi alla società italiana operante in Nigeria per la produzione dei blocchi di cemento.
In tal modo Gamma ltd avrebbe risparmiato circa € 40.000,00, ed il suo titolare non avrebbe dovuto recarsi per ben due volte in Italia per discutere i dettagli dell’acquisto dell’impianto.
Sulla base di quanto sopra, ho ricevuto incarico di convenire in giudizio Beta S.r.l. per ottenere la restituzione dell’acconto versato da Gamma ltd. Ed infatti, come noto, l’art.1337 cod. civ. prevede che “le parti, nello svolgimento delle trattative e nella formazione del contratto, devono comportarsi secondo buona fede”.
In sostanza, negli atti di causa ho dedotto che Beta S.r.l. aveva il preciso obbligo giuridico di informare Gamma ltd del fatto che in Nigeria era operante (in esclusiva) un impianto uguale a quello ordinato dalla società mia assistita, in quanto, in tal modo, quest’ultima avrebbe risparmiato somme rilevanti (anche in termini di spedizione in container, tasse doganali, posizionamento e predisposizione dell’impianto ecc..) rispetto al solo acquisto di casseri/stampi, ed il titolare non avrebbe dovuto recarsi due volte in Italia per condurre le trattative. Ovviamente, nella presente fattispecie, l’obbligo di correttezza è reso ancora più rilevante dal fatto che Gamma ltd ha sede nello stato della Nigeria, lontano migliaia di chilometri dall’Italia.
Beta S.r.l. ha avuto molti mesi per informare Gamma ltd dell’esistenza di tale impianto a pochi chilometri di distanza dalla sede della seconda e, nonostante gli obblighi imposti dalla legge, non ha mai provveduto ad avvertire quest’ultima di tale fondamentale circostanza.
Dopo alcuni anni di causa, il Tribunale ha condannato Beta S.r.l. a restituire l’acconto versato da Gamma Ltd, sulla base della violazione dei più elementari doveri di buona fede che incombono sulle parti in sede di stipulazione di un contratto.
Ricordatevi che quando si stipula un contratto è necessario rispettare fino in fondo, già in sede di trattative, gli obblighi di buona fede e di correttezza.