Corte Cassazione, sezione sesta, sentenza dell’11 gennaio 2017, n. 543
La Suprema Corte è stata recentemente chiamata a decidere sulla legittimità di una delibera assunta dall’assemblea dei soci di un consorzio con la quale si prevedeva che le spese per l’auto personale del presidente del c.d.a. venissero poste a carico della società.
Nell’assumere la propria decisione i Giudici di legittimità richiamano la costante giurisprudenza che nega la possibilità da parte dell’autorità giudiziaria di estendere il proprio sindacato sulle delibere di assemblee di soci alla valutazione del merito e al controllo del potere discrezionale che l’assemblea esercita quale organo sovrano della volontà dei soci.
La Corte ribadisce, infatti, che l’organo giudicante debba limitarsi alla verifica della legittimità delle delibere sociali valutando la loro eventuale contrarietà alle norme di legge o statutarie, accertando anche se siano frutto di eccesso o abuso di potere.
Si chiarisce che, tuttavia, in tali casi il Giudice non valuta l’opportunità o la convenienza della soluzione adottata dalla delibera impugnata, ma deve esclusivamente verificare se la delibera impugnata sia, o meno, il risultato del legittimo esercizio del potere discrezionale dell’organo deliberante.
Chiarito l’ambito di verifica dell’autorità giudiziaria, la Corte afferma che per contestare la validità della delibera avente ad oggetto il riconoscimento del rimborso spese al Presidente, e, in particolare, la sussistenza dell’eccesso di potere, il socio avrebbe dovuto dimostrare che la delibera, anche se adottata nelle forme legali e con le maggioranze prescritte, era «arbitrariamente e fraudolentemente preordinata al perseguimento, da parte dei soci di maggioranza, di interessi divergenti da quelli della società ovvero volutamente lesivi degli interessi degli altri soci».
Nello specifico era indispensabile provare che la delibera non era dotata di una propria e autonoma giustificazione sulla base dei legittimi interessi dei soci di maggioranza, dimostrando conseguentemente che la delibera assunta avesse l’unica e precipua finalità fraudolenta di porsi in danno con gli interessi della minoranza.
Nel caso al vaglio della Suprema Corte, al contrario, tale prova non è stata fornita e per legittimare la delibera impugnata è stato ritenuta sufficiente la valutazione che l’assemblea dei soci del Consorzio ha effettuato sulla natura della spesa deliberata che è stato affermato derivare direttamente dall’esercizio delle funzioni dell’amministratore ed in quanto tale rimborsabile.