Giu 30

Il nuovo testo dell’art 18 dello Statuto dei Lavoratori così come modificato dalla Legge Fornero non si applica ai dipendenti pubblici

Tags: , ,

Cass. civ., Sez. lav., 17 maggio-9 giugno 2016 n. 11868

Con la sentenza in esame la Corte di Cassazione si è pronunciata sul tema del regime sanzionatorio applicabile ai licenziamenti illegittimi nel rapporto del pubblico impiego, escludendo l’applicabilità delle modifiche apportate dalla legge 28 giugno n. 2012 n. 92 (Legge Fornero). In caso di licenziamento illegittimo intimato in data successiva all’entrata in vigore della richiamata Legge Fornero, al dipendente pubblico rimane applicabile il testo dell’art. 18 della legge n. 300 del 1970 così come in vigore prima della riforma.

Ciò in ragione del fatto che, seppure l’articolo 1 comma 7 della L. 92/2012 abbia previsto che “Le disposizioni della presente legge, per quanto da essa non espressamente previsto, costituiscono principi e criteri per la regolazione dei rapporti di lavoro dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni di cui al Decreto Legislativo 30 marzo 2001, n. 165, articolo 1, comma 2, e successive modificazioni” il comma 8 della medesima disposizione normativa ha tuttavia precisato che “Al fine dell’applicazione del comma 7 il Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione, sentite le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche, individua e definisce, anche mediante iniziative normative, gli ambiti le modalità e i tempi di armonizzazione della disciplina relativa ai dipendenti delle amministrazioni pubbliche”. La Suprema Corte ha, pertanto, ritenuto che “sino al successivo intervento normativo di armonizzazione, non si estendono ai dipendenti delle pubbliche amministrazioni le modifiche apportate all’articolo 18 dello Statuto, con la conseguenza che la tutela da riconoscere a detti dipendenti in caso di licenziamento illegittimo resta quella assicurata dalla previgente formulazione della norma“.

Tale conclusione fondata sul tenore letterale della norma risulta, secondo le statuizioni della Corte di Cassazione, l’unica ammissibile anche in considerazione della diversa ponderazione di interessi richiesta al legislatore nel settore pubblico rispetto all’impiego privato, laddove il potere di risolvere il rapporto di lavoro “è circondato da garanzie e limiti che sono posti non solo e non tanto nell’interesse del soggetto da rimuovere, ma anche e sopratutto a protezione di più generali interessi collettivi” (Corte Cost. 24.10.2008 n. 351).